Nel buio, anche se è assurdo la vedrai, c'è tanta luce - io vedo, io sento, io parlo

mercoledì 8 dicembre 2010

Paolo e Salvatore Gallo, una storia sconvolgente

6 Ottobre 1954, Avola, Siracusa.

Salvatore Gallo in carcere
Paolo Gallo, detto Chiodo perché secco e minuto, è un contadino che ogni mattina si alza alle 3 per andare ad abbeverare gli animali ed a lavorare le sue terre; il Chiodo ha un fratello di nome Salvatore, tra i due solo litigi a causa delle proprietà terriere divise in maniera impari. Il fratello Salvatore ha un figlio, Sebastiano, che vive con lui.
E' un caldo pomeriggio quel 6 di Ottobre quando la moglie di Paolo Gallo si presenta ai carabinieri trafelata dichiarando che il marito non è tornato a casa com'era solito fare. Dice che il cognato è passato la mattina a casa sua per chiederle dove fosse suo fratello e che lei gli aveva riferito che l'avrebbe potuto  trovare o all'abbeveratoio o nei campi, dice che poteva essere che lui l'avesse ucciso.

Le ricerche partono subito, anche con l'ausilio dei cani, ma l'uomo sembra essersi volatilizzato. Non è da nessuna parte e gli animali non fiutano il suo odore; però al podere vi è una cospicua chiazza ematica ed una "coppola" che pare anch'essa insanguinata. Le indagini si concentrano subito su Salvatore e si intensificano quando in casa sua viene ritrovata una camicia macchiata di sangue. Fin qui solo ipotesi e sospetti, niente altro, tutto cambia però quando entra in scena Ferdinando Nicoletti, il medico legale incaricato di stabilire se il gruppo sanguigno corrisponda a quello dello scomparso. La sua diagnosi è impietosa. Non solo il gruppo corrisponde, ma l'abbondanza di sangue al podere è tale che il Paolo Gallo è certamente morto per dissanguamento.

Sebastiano Gallo alla sbarra
Gli inquirenti arrestarono subito Salvatore e stabilirono che da solo non avrebbe potuto occultare il cadavere del fratello, quindi convocarono in caserma il figlio Sebastiano convinti l'avesse aiutato. Subito i carabinieri si accorsero che il ragazzo indossava due paia di pantaloni, il maresciallo gli fece togliere i primi e vide chi i secondi erano sporchi di sangue. E' una macchia vecchia, disse Sebastiano, di quanto abbiamo sgozzato l'agnello. Ma nessuno gli credette ed anche lui fu carcerato.

Cominciò il processo e grazie alla testimonianza del patologo l'esito sembrò da subito scontato. Ma improvvisamente arrivò il colpo di scena. Due contadini, Masuzzo e La Quercia, che conoscevano bene Paolo Gallo, si presentarono spontaneamente a qualche giorno uno dall'altro ed entrambi giurarono in tribunale di aver parlato col Chiodo, in momenti diversi, pochi giorni prima. Ma le affermazioni del Nicoletti, persona stimata, non lasciavano dubbi ed i due non furono creduti ed addirittura finirono in carcere. Masuzzo il giorno successivo ritrattò la deposizione e fu liberato. La Quercia, sicuro di essere dalla parte della verità, vi restò tre mesi fino a quando le sofferenze dei suoi familiari lo convinsero a ritrattare.

Già da questa premessa si è capito come gli inquirenti di una piccola cittadina  siano inesperti e quanto conti molto la parola di un dottore, un patologo dichiaratosi per la morte certa. Per contro si è capito quanto a poco servano le testimonianze giurate di persone semplici ed incolte e la mancanza di un cadavere, che invece dovrebbero essere vagliate attentamente.

Quindi è chiaro che, non indagando e seguendo una linea già tracciata, si arriva inesorabilmente ad una condanna. Infatti in primo grado vennero condannati, Salvatore all'ergastolo e suo figlio a 14 anni. Passarono altri 15 mesi, si arrivò al processo d'appello ed ancora si insistette nel ritenere i due colpevoli. A Sebastiano andò meglio, la pena si ridusse a 16 mesi e fu liberato perché già li aveva fatti in carcere, al padre non fu concesso nessuno sconto di pena e nessuna attenuante.

Altri anni si susseguirono, anni in cui sembrava che nessuno volesse più interessarsi dell'ergastolano Salvatore Gallo, poi un nuovo colpo di scena. Ad un giornalista de "La Sicilia" venne la curiosità di investigare in quanto certo che gli inquirenti avessero fatto un pessimo lavoro. Per prima cosa che fece? Andò dai contadini che avevano dichiarato di aver incontrato il Chiodo vivo. Questi confermano la loro certezza ed il giornalista, Enzo Asciolla, fece quello che avrebbero dovuto fare i carabinieri sette anni prima, iniziò a cercarlo nel paese dove era stato visto l'ultima volta. Ne nacque una specie di racconto a puntate che tenne incollati per
diversi mesi i lettori al quotidiano; questo smosse qualcosa e finalmente anche i carabinieri si decisero a cercarlo.

Paolo Gallo, la presunta vittima
La storia ebbe una conclusione quasi comica, nel senso che fu lo stesso scomparso ad andare in una caserma per sporgere una denuncia. Era nel paese di Santa Croce Camerina e firmò quel verbale col suo vero nome. Quando un appuntato se ne accorse una pattuglia andò all'indirizzo indicato dallo stesso Gallo e lo trovò in una sorta di tugurio dove viveva. Dichiarò di aver ricevuto una botta in testa all'abbeveratoio degli animali e di essere caduto a terra tramortito senza aver visto chi gliela avesse data; ma al risveglio, convinto che il colpevole fosse il fratello e certo che avesse ucciso anche la moglie, aveva deciso di andarsene. Giurò di non aver mai saputo che Salvatore da quasi otto anni fosse in galera a causa sua. Altri al paese, dopo la notizia del ritrovamento, dichiararono che non era la prima volta che scappava dalla moglie, una sorta di arpìa che lo soggiogava.

Morale della storia: a Paolo Gallo vennero inflitti 4 mesi di carcere, non per procurato allarme o quant'altro ma perchè quando i carabinieri lo trovarono mentì loro dicendo di non chiamarsi così. Insomma aveva fornito false generalità. C'è da chiedersi cosa abbiano fatto al patologo, che in tribunale s'era dichiarato certo della morte, ed al maresciallo che aveva incarcerato i due contadini, certi di aver incontrato lo scomparso, invece di seguire la traccia e cercare di trovarlo. Ve lo dico io, niente di niente.

Questa la storia dei fratelli Gallo, una storia triste perché Salvatore Gallo in carcere contrasse una malattia che l'obbligò a passare il resto della sua vita in carrozzina. Una storia triste perché non c'era ancora la legge sugli errori giudiziari e quindi nulla spettò all'uomo per gli anni trascorsi ingiustamente dietro le sbarre. Una storia triste che dimostra come un pregiudizio di partenza impedisca di indagare nel modo migliore e di vedere le cose in maniera obiettiva.
Credetemi se vi dico che ancora oggi, purtroppo, è così.

1 commento:

  1. Sicuramente avranno avuto tutte le porte spalancate, esattamente come accade, invariabilmente ai peggiori "intanati" nel sistema e nel cuore dello Stato. Sicuramente saranno stati fatti Cavalieri del lavoro (proprio come quel Marescaillo Gatto che ne era addirittura vicepresidente dell'associazione) e negli schedari (non quelli della "vita degli altri" ma nei nostri, di cui nessuno parla) ci sarà scritto essere persone stimatissime ed integerrime che godono di piena stima della collettività. D'altra parte, nulla cambia sotto il sole per forza di inerzia,o per caso ed ai vecchi padroni, dell'ancien regime, se ne sono sotituiti di altri, meno blasonati, ma non meno prepotenti, sfrontati, arroganti e che non disdegnano ulteriori vizi e tare che magari i loro predecessori snobbavano.Nessun progresso giunge se non propiziato e costruito faticosasmente con tutte le proprie forze ed immensi sacrifici e, da queste parti, tutto ciò è cessato nel 1945 e, da allora, tutti vogliono vivere di rendita dell'elmosina ricevuta dagli alleati e dalla Pax americana. Insomma alla 'ggente basta 'na pizzata, quattro soldi in tasca, sapere chi vince il derby, farsi una scopata. E sono convinti che questa sia "libertà democratica" e la scambiano per dignità "umana". Un altro esempio paradigmatico,tra i mille a disposizione, in tema di cattiveria e vilipendio dello Stato di diritto da parte di chi dovrebbe dare la vita per garantirlo, è quello che accadde nel corso delle indagini sul mostro di Balsorano.Questo genere di delitti contro la integrità morale dello Stato dovrebbe essere esclusi da ogni forma di prescrizione e sicuramente avrebbero dovuto esservi ricompresi i mandanti della violenza su Franca Rame di cui tutti si sono dimenticati.

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