Nel buio, anche se è assurdo la vedrai, c'è tanta luce - io vedo, io sento, io parlo

lunedì 22 novembre 2010

Maria Alanis e il "fedele" assassino

Maria Alanis Laurindo de Oliveira, 5 anni.
Era il 7 Gennaio 2010 quando a Fortaleza, in Brasile, dal cortile della chiesa dove la madre era andata a pregare scomparve Maria Alanis Laurindo de Oliveira. Era la sera dedicata a "La Pace del Signore", una ricorrenza molto seguita dai fedeli, e c'erano diverse persone sia all'interno che all'esterno del luogo di culto. La gente aveva visto un uomo parlare alla bimba e portarsela via. Con la camicia rossa ed un paio di jeans anche lui era stato in chiesa a pregare. La madre, non trovandola, chiese aiuto alla polizia ed alle persone del paese.

Quel giovedì notte fu una notte di ricerche continue ma infruttuose; purtroppo il venerdì pomeriggio, nel bosco di un paese limitrofo sulla riva di un canale, venne rinvenuto il corpo senza vita di Maria Alanis. La piccina era stata violentata e massacrata.

Dai primi interrogatori risultò che il rapitore prima di uscire aveva salutato gli altri fedeli e tranquillamente aveva preso per mano la piccola. Un'altra verità agghiacciante fu data dal fatto che avesse già nei giorni precedenti abbracciato altre bimbe e le avesse lasciate, andandosene, solo per l'intervento delle madri. 

Il 12 Gennaio, a 5 giorni dalla morte, vennero isolati e portati negli uffici di polizia otto uomini che frequentavano i dintorni e la parrocchia di "Fortaleza Ceara". L'ultimo ad essere interrogato fu Antonio Carlos Santos Xavier; poche ore dopo, pressato dai poliziotti, confessò la violenza sessuale e l'atroce delitto. 

A sette mesi e sedici giorni dal ritrovamento del corpo di Maria il tribunale ha già emesso il verdetto. 31 anni e 8 mesi di carcere e tutti da scontare. Probabilmente il difensore, data l'assenza dei familiari che hanno ripudiato Antonio Carlos, non farà neppure ricorso in appello per invocare l'infermità mentale che gli abbuonerebbe dieci anni. 

Il Brasile tanto bistrattato riesce a fare ciò che in Italia è quasi impossibile, condannare i reo confessi nel giro di sette mesi e sedici giorni. Tanto di cappello.

Nessun commento:

Posta un commento